


TARQUINIA - Mauro Di Ruvo alle prossime regionali della Basilicata, lo ha annunciato questo giovedì il critico d’arte in persona durante la trasmissione condotta da Paride Leporace “Oltre il giardino” su Cronache Tv.
Vari sono state le tematiche affrontate da Di Ruvo col famoso conduttore lucano, tra cui il sistema museale italiano, sviluppo culturale e ambientale, ma soprattutto l’amministrazione politica dell’arte nel territorio nazionale.
“L’arte è la cura della polis – ha affermato Di Ruvo in onda – e pertanto non può che essere politica per natura”. Il patrimonio culturale di cui l’Italia gode per il famoso critico d’arte sarebbe bisognoso di una ulteriore pianificazione ministeriale, a partire dal Ministero della Ricerca e dell’Università, che è “la fonte”, dice il critico, “della nostra più grave lacuna culturale”.
La Basilicata lo è in primis secondo il Cavaliere da quando Matera è divenuta Capitale europea della Cultura, da un quinquennio dunque in cui la “città dei sassi” ha ceduto, non per sua colpa, ma per sua incombenza, all’orbita satellite della Puglia.
L’elezione di Matera a Capitale della Cultura avrebbe dovuto rinfocolare le maglie del turismo in tutta la Basilicata, e non soltanto nella sua città di confine con la Puglia.
Questa è per il critico una delle lacune strutturali presenti nelle nostre amministrazioni regionali, tra le più evidenti in Italia, proprio in un territorio che avrebbe tanto da offrire non solo nel sottosuolo, ma nei luoghi e nelle famiglie dei giovani talenti che sono costretti a nascondersi.
“In questa terra, la Lucania, c’è quasi l’impressione che si voglia a tutti i costi non emergere, ma restare assopiti nella propria decadenza, rassegnarsi alla propria sorte di regione satellite delle altre italiane, così come è accaduto da subito con il petrolio”. E aggiunge il critico che “proprio per queste ragioni oggettive ho intenzione di candidarmi alle prossime regionali territoriali”.
Nel suo discorso alla trasmissione di Leporace in cui il critico si è anche espresso sull’operato di Vittorio Sgarbi in Basilicata, quando anche lui visitò la Chiesa Rupestre di Santa Margherita a Melfi nel 2005, s’è parlato del caso esemplare di male amministrazione culturale proprio relativo al parco archeologico di Gravetta in Lavello.
“In Italia, e non solo in Basilicata”, ha affermato Di Ruvo, “dovrebbero esserci più siti archeologici che parchi archeologici ricoperti di erba alta solo per mendicare un minimo di turismo. Ci vorrebbe un’operazione di riqualificazione archeologica nel caso di Gravetta come quella che è stata fatta a Gravisca di Tarquinia, che pur essendo un parco molto più grande e importante di etruscologia, pone il paradigma operativo generale di come occuparsi veramente del nostro territorio”.
Quello di Tarquinia era prima, negli anni prossimi al 2000, un parco archeologico che sebbene avesse avuto origine dalle grandiose scoperte di un accademico quale Mario Torelli nel 1969 di un “santuario emporico” etrusco, adesso grazie allo straordinario lavoro della attuale soprintendenza e del prof. Lucio Fiorini, docente di etruscologia e civiltà italiche all’Università di Perugia, si sta riconvertendo in un vero e proprio laboratorio archeologico di scavi che sarà musealizzato e custodito da adeguate strutture di sorveglianza e manutenzione scientifica.
“Il sito archeologico di Gravisca non è per noi solo una speranza di investire politicamente nella ricerca, ma è soprattutto una prova di come la vera cultura, non quella commerciale e turistica, possa paradossalmente attrarre più economia territoriale e più ricchezza al nostro patrimonio storico-culturale”.
Uno degli slogan quindi della campagna elettorale di Di Ruvo è proprio “Meno parchi, più siti archeologici”.